Era da qualche giorno che sognavo mia nonna. La sognavo morta purtroppo. Sognavo una telefonata improvvisa da mia sorella, nel cuore della notte...la sua voce rotta dal pianto che mi dice"Silvia è meglio che vieni su, la nonna non c'è più". Sognavo lacrime calde e brucianti sulle mie guance, sognavo di lasciare il lavoro per correre da lei, troppo tardi.
Poi due sere fa mi chiama mia madre dicendomi "La nonna è caduta" e io dico"Cioè?". Non sono particolarmente preoccupata, perchè mia madre solitamente esagera volutamente i fatti(soprattutto quando si tratta di sua suocera o di mio padre)e poi perchè mia nonna è una testa di cazzo, va dove vuole, cammina anche se dovrebbe attenersi a leggerissime passeggiate, coltiva l'orto, spacca la legna per la stufa...e cade. Cade spesso negli ultimi anni. Senza gravi conseguenze fortunamente, se escludiamo una costola rotta un paio di anni fa. Ha la scorza dura, come si dice dalle mie parti. Questo ho pensato mentre mia mamma mi diceva che era caduta. Poi però mi dice che si è rotta il femore e che ha il bacino spostato e la mia gola si secca per la paura. Aspetto in silenzio e lei continua dicendomi" E' a Lavagna, la tengono sedata per farle sentire meno il dolore. Sicuramente non la operano data l'età, vedrai che non arriva nemmeno a Natale...a quell'età non si riprendono mica più" E io sto zitta, incapace di dire qualunque cosa. Non voglio sembrare infantile e non dico" Che cazzo dici?Ti sbagli!La nonna mica muore così, entro Natale. Cosa cazzo stai dicendo?". E allora per non dirle questo dico"Ok" e riattacco. Poi chiamo mia sorella per sapere cosa è successo, perchè di mia mamma non mi fido. E mia sorella mi dice che la nonna sarà operata entro 2 o 3 giorni al massimo, che i medici sono ottimisti e che non è in pericolo di vita. E io ho voglia di piangere e di incazzarmi con mia madre, che mi ha fatto passare 5 minuti di merda. Le chiedo di essere sincera perchè la mamma mi ha appena detto che non arriva a Natale, che non la operano, che non c'è molto da fare, che io lascio il lavoro e vengo su. La prego di essere sincera, almeno lei. Mia sorella si incazza a sua volte, con la mamma ovviamente, mi dice di lasciarla perdere...mi dice che dice solo cazzate e che quasi ci gode a fare il bollettino di morte su sua suocera. E io la ringrazio e stacco. Rincuorata e incazzata al tempo stesso. Felice e schifata se possibile. Ne parlo con Emanuele, non mi capacito che mia madre possa avermi detto quelle cose. Perchè le ha dette?Perchè non ha pensato che potessi spaventarmi e preoccuparmi?
Perchè ha preso con tanta leggerezza l'incidente di mia nonna?
Le da così fastidio il legame che c'è tra di noi? Non lo so. Ma per l'ennesima volta mi chiedo che cazzo di madre ho.
venerdì 11 dicembre 2009
giovedì 3 dicembre 2009
Basta una goccia di pioggia.
Coperte calde, luci spente e silenzio attorno al mio letto.
Ascolto la pioggia che si abbatte sulla casa, riempiendo le grondaie, bagnando i vestiti stesi ad asciugare, scuotendo piante, gatti di quartiere nervosi e lenzuola tese come banderuole bianche.
Ascolto le gocce che colano sulle tapparelle della mia finestra, larghe e impertinenti esplodono su tutto ciò che incontrano e non smettono di farmi pensare.
Penso a quando abitavo da mia nonna, mi svegliavo alle 6:30 del mattino per andare a scuola con mia sorella. Il pulmino ci veniva a prendere alle 7:15 quasi davanti a casa quando pioveva forte. E da mia nonna pioveva spesso forte. Io mi svegliavo qualche minuto prima che entrasse mia madre e accendesse la luce dicendoci"E' ora". Sempre con lo stesso tono di voce, con la stessa energica spossatezza di chi si alza presto e ha già preparato tutto per le sue figlie. Restavo qualche minuto sotto le coperte calde fatte da mia nonna, coperte di lana cucite a mano con gomitoli colorati. In quei minuti ascoltavo i rumori del paese appena sveglio. Un cane che abbaiava a chissà cosa, un gallo che ripeteva il suo buongiorno millenario nel pollaio di qualche donna, mia nonna che apriva la bocca della stufa per infilare un pezzo di legno secco e asciutto perchè da lì a poco saremmo scese io e la Paola per fare colazione con la zuppa di latte scaldata nel pentolino appoggiato sulla stufa di ghisa. E mia mamma, con quella tosse snervante dovuta alle sigarette, mia mamma che si aggirava per le stanze sistemando il letto, stirando i jeans a me o a mia sorella, sempre con la sigaretta accesa appoggiata su qualche mobile. Restavo sotto le coperte sbadigliando e aspettando che si svegliasse anche mia sorella. Ascoltavo la pioggia battere sulla tettoia della casa della Concetta, incessantemente, instancabilmente. E pensavo"ma come fa quella tettoia a resistere al peso di tutta quell'acqua?". Eppure quella tettoia è ancora lì, ed è l'unica cosa che rimane di tangibile. E'bastato un attimo per ricordare tutto questo. Una goccia di acqua piovana che batte su un vetro mi ha ricordato un periodo della mia vita che è passato, per sempre.
Ascolto la pioggia che si abbatte sulla casa, riempiendo le grondaie, bagnando i vestiti stesi ad asciugare, scuotendo piante, gatti di quartiere nervosi e lenzuola tese come banderuole bianche.
Ascolto le gocce che colano sulle tapparelle della mia finestra, larghe e impertinenti esplodono su tutto ciò che incontrano e non smettono di farmi pensare.
Penso a quando abitavo da mia nonna, mi svegliavo alle 6:30 del mattino per andare a scuola con mia sorella. Il pulmino ci veniva a prendere alle 7:15 quasi davanti a casa quando pioveva forte. E da mia nonna pioveva spesso forte. Io mi svegliavo qualche minuto prima che entrasse mia madre e accendesse la luce dicendoci"E' ora". Sempre con lo stesso tono di voce, con la stessa energica spossatezza di chi si alza presto e ha già preparato tutto per le sue figlie. Restavo qualche minuto sotto le coperte calde fatte da mia nonna, coperte di lana cucite a mano con gomitoli colorati. In quei minuti ascoltavo i rumori del paese appena sveglio. Un cane che abbaiava a chissà cosa, un gallo che ripeteva il suo buongiorno millenario nel pollaio di qualche donna, mia nonna che apriva la bocca della stufa per infilare un pezzo di legno secco e asciutto perchè da lì a poco saremmo scese io e la Paola per fare colazione con la zuppa di latte scaldata nel pentolino appoggiato sulla stufa di ghisa. E mia mamma, con quella tosse snervante dovuta alle sigarette, mia mamma che si aggirava per le stanze sistemando il letto, stirando i jeans a me o a mia sorella, sempre con la sigaretta accesa appoggiata su qualche mobile. Restavo sotto le coperte sbadigliando e aspettando che si svegliasse anche mia sorella. Ascoltavo la pioggia battere sulla tettoia della casa della Concetta, incessantemente, instancabilmente. E pensavo"ma come fa quella tettoia a resistere al peso di tutta quell'acqua?". Eppure quella tettoia è ancora lì, ed è l'unica cosa che rimane di tangibile. E'bastato un attimo per ricordare tutto questo. Una goccia di acqua piovana che batte su un vetro mi ha ricordato un periodo della mia vita che è passato, per sempre.
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martedì 1 dicembre 2009
Mancanze
Qualche tempo fa scrivevo un post in cui parlavo del mio duplice desiderio di vivere con lui ma anche di godermi in solitudine la mia stanza e i miei spazi.
Bè oggi è partito. E' tornato a casa per qualche giorno per dipingere due quadri per una galleria d'arte romana. Ed io? Io mangio da sola davanti al pc e lo aspetto.
E mi viene in mente una canzone di Vasco, "Canzone"...una delle più belle a mio avviso.
Vasco canta:
E questa sera nel letto metterò
qualche coperta in più
perché se no avrò freddo
senza averti sempre
senza averti sempre addosso...
Lui parla di un addio ed io no, però questa notte forse un po' di freddo lo avrò davvero e forse dovrò aggiungere qualche coperta. Perchè avere sempre addosso qualcuno significa averlo nella pelle. Ed io più che nella pelle ce l'ho nel sangue.
Bè oggi è partito. E' tornato a casa per qualche giorno per dipingere due quadri per una galleria d'arte romana. Ed io? Io mangio da sola davanti al pc e lo aspetto.
E mi viene in mente una canzone di Vasco, "Canzone"...una delle più belle a mio avviso.
Vasco canta:
E questa sera nel letto metterò
qualche coperta in più
perché se no avrò freddo
senza averti sempre
senza averti sempre addosso...
Lui parla di un addio ed io no, però questa notte forse un po' di freddo lo avrò davvero e forse dovrò aggiungere qualche coperta. Perchè avere sempre addosso qualcuno significa averlo nella pelle. Ed io più che nella pelle ce l'ho nel sangue.
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